La lesione del midollo spinale, nota come mielolesi, potrebbe non essere un problema così grande come si pensava. Grazie ad una serie di test effettuati sugli animali dall’Ecole polytechnique fédérale di Losanna e dalla scuola Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, si è giunti infatti a dei risultati piuttosto interessanti su questo fronte.
La mielolesi è una condizione che porta al danneggiamento dei fasci nervosi che corrono lungo la colonna vertebrale in seguito a dei traumi, ma anche ad infezioni o tumori. A seconda del punto colpito dalla malattia ci possono essere ripercussioni più o meno gravi sul corpo, ma nella gran parte dei casi la mielolesione porta alla perdita della capacità motoria che può riguardare solo la parte inferiore (paraplegia) o comprendere anche gli arti superiori (tetraplegia).
I trattamenti per la mielolesi sono continuo oggetto di studio, e proprio di recente è stata avviata una sperimentazione che ha destato parecchio interesse nel mondo scientifico e che consiste nella stimolazione elettrica del midollo spinale.
La stimolazione midollare consiste nell’installazione di un impianto sottocutaneo, a livello di midollo spinale, che libera una corrente elettrica continua nei nervi spinali inferiori, riproducendo gli stessi segnali che il cervello trasmette per far funzionare l’attività motoria. Il fascio di corrente elettrica viene emanato a frequenze e intensità differenti a seconda della zona colpita: una volta attivato il segnale, il midollo spinale riattiva la rete neurale compromessa. Si tratta insomma di una tecnica di avanguardia pura.
La stimolazione elettrica è entrata in campo già tre anni fa, tanto che grazie al suo supporto quattro persone paraplegiche sono riuscite a muovere volontariamente gli arti inferiori. I risultati e i tempi di recupero sono stati inattesi, e i ricercatori, proprio per questo, hanno ritenuto opportuno continuare ad approfondire la questione.