Diritti delle persone disabili: dal Consiglio Ue possibile marcia indietro?

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In quella che può sembrare una contraddizione, il Consiglio d’Europa, principale organo per i diritti umani del vecchio continente, continua a perseguire un nuovo strumento giuridico che minerebbe i diritti delle persone con disabilità.

La riunione avvenuta a metà settimana del Comitato per la Bioetica del Consiglio d’Europa, l’organo responsabile di questo trattato noto come “Progetto di Protocollo Aggiuntivo” alla Convenzione di Oviedo sulla bioetica, segnala che gli Stati sono pronti ad adottare nuove regole in materia di trattamento forzato e detenzione di persone con disabilità con problemi psicosociali, nonostante gli obblighi esistenti in materia di diritti umani.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), ratificata da 46 dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, garantisce alle persone con disabilità pari diritti di libertà e di decisione sulle proprie cure mediche. I diritti alla non discriminazione, alla libertà e alla sicurezza, all’autonomia personale e all’integrità fisica sono garantiti anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Se la bozza di protocollo fosse adottata, gli stati potrebbero apparentemente infrangere queste protezioni e utilizzare misure coercitive contro le persone con disabilità psicosociali.

Il protocollo aggiuntivo ha ricevuto critiche diffuse dalle persone con disabilità, dalle organizzazioni che le rappresentano, dai gruppi per i diritti umani, dai relatori speciali delle Nazioni Unite su salute e disabilità e dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa si è espresso contro di essa e la sua Assemblea parlamentare ha adottato all’unanimità una risoluzione che chiede “l’abolizione delle pratiche coercitive nei contesti di salute mentale”.

La commissione per la bioetica sembra voler ignorare le critiche, mentre continua a raccogliere informazioni su soluzioni alternative alle misure coercitive. E mentre gli Stati dovrebbero essere incoraggiati ad attingere alle buone pratiche esistenti per porre fine alla coercizione, questo sforzo non neutralizzerà il danno causato dalla bozza del protocollo. Piuttosto che guidare l’Europa in avanti sulla protezione dei diritti umani senza distinzioni, il Comitato sta in un certo senso “rafforzando” questa idea sbagliata sulle persone con disabilità psicosociali, le quali non meritano di essere ascoltate, anche su questioni relative alla loro integrità e dignità.

I governi dovrebbero ascoltare le loro voci e opporsi alla bozza di protocollo. I leader dell’Unione Europea, i cui stati membri fanno parte del Consiglio d’Europa e parte della CRPD, dovrebbero esprimersi contro questo nuovo trattato e qualsiasi altra iniziativa che andrebbe contro i diritti protetti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.

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