Braille, un metodo attuale o non più valido?

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Il 21 febbraio scorso si è celebrata la Giornata Nazionale del Braille e molte, a margine di quanto si è visto, sono state le iniziative legate all’evento. Con la legge 126/07 è stata istituita infatti una giornata ad hoc per il Braille che ricorre appunto il 21 di febbraio.

Anche quest’anno, così come accaduto in passato, sono stati organizzati eventi mirati da parte di enti ed associazioni, come ad esempio un programma dedicato alla Galleria degli Uffizi, o come l’evento al Palazzo Zevallos di Napoli o come ancora l’inaugurazione di un percorso tattile nella Galleria Palatina. Sono state numerose anche le iniziative organizzate dalle sedi dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

Insomma, il 21 febbraio si è rivelata una giornata ricca di campagne, di iniziative e di messaggi utili per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della cecità e dell’ipovedenza. Anche per questo sulla ricorrenza si è voluta esprimere la ministra Valeria Fedeli, che ha definito il Braille “uno strumento che non ha perso la sua originaria carica innovativa e di emancipazione culturale e sociale”.

Fedeli ha definito il Braille come “l’alfabeto della libertà, dell’uguaglianza, dell’inclusione e delle pari opportunità”. Proprio per questo il numero uno dell’Istruzione ha sollevato l’importanza del ruolo ricoperto dalla scuola, che oggi più che mai “dovrà sostenere le nuove generazioni in un percorso centrato sull’inclusione (…) perché ogni differenza può trasformarsi in occasione di cambiamento e crescita per tutta la comunità scolastica”.

Tuttavia c’è anche chi, come Gianluca Rapisarda, direttore dell’Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione per la disabilità visiva, si chiede se il Braille sia ancora un metodo attuale. Rapisarda si pone una domanda molto semplice: quanto, il Braille, può ad esempio essere adattato all’informatica? Secondo l’esperto, il Braille è un linguaggio perfettamente adattabile all’informatica, tanto che ormai c’è la possibilità di trasferire i testi da un computer al display Braille, così come si ha modo di memorizzarli, stamparli, rielaborarli e integrarli in tutta libertà.

Eppure le famiglie sono spesso di un altro avviso, tanto da ritenere il Braille come un metodo emarginante e stigmatizzante. Ma da quale parte sta la ragione?

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