Nascere con una malattia di cui non si conosce neanche il nome, significa nascere con una sorta di “croce” che ci si trascinerà dietro per il resto della vita. D’altronde, come altro potrebbe esser definita una vita dilaniata da una patologia di cui non si sa nulla? Eppure, per quanto assurda possa sembrare questa condizione, si stima che ogni anno, in Europa, nascano 65.000 bambini affetti da una condizione genetica sconosciuta o tanto rara da non essere mai stata identificata dalla ricerca medico-scientifica. Più della metà di coloro i quali si sottopongono a un test genetico, infatti, non avrà mai una diagnosi confermata e sarà così destinato a brancolare nel buio per anni e anni.
Ma oltre al danno, c’è la beffa. Già, perché questi bambini che nascono con una sindrome non riconosciuta sono pure impossibili da seguire: i sistemi sanitari nazionali non hanno un registro delle persone prive di diagnosi, per cui i malati che sono effettivamente malati, ma che non sanno da quale malattia siano affetti, hanno persino enormi difficoltà ad accedere all’assistenza sanitaria, ad usufruire delle agevolazioni riconosciute dall’ordinamento e più in generale a ricevere il supporto necessario. Questo è quanto accade ogni giorno, in tutta Europa, in migliaia e migliaia di famiglie.
Per superare la regola che vuole che ai registri siano iscritti solo soggetti con diagnosi, e per provare quindi a far riconoscere anche le persone con sindrome senza nome, è nata la SWAN Europe, acronimo che sta per Syndromes Without A Name. Si tratta di una federazione europea guidata dalla divisione inglese (SWAN UK) sotto la quale si riuniscono associazioni italiane, francesi, spagnole e olandesi, nonché la federazione europea dei malati rari EURORDIS. L’Italia è presente in SWAN Europe mediante due associazioni: la Fondazione Hopen e la Federazione Italiana Malattie Rare UNIAMO.
Alla luce di ciò, gli obiettivi che si prefigge SWAN sono alquanto intuibili. Il primo è il sostegno alle famiglie, quindi c’è la richiesta da parte della federazione di raccogliere informazioni, esperienze e buone pratiche di persone affette da questo tipo di sindromi, e di farlo anche aiutando le associazioni nazionali impegnate su questo a farsi conoscere dall’opinione pubblica. Il secondo obiettivo è aumentare la consapevolezza dei professionisti sanitari, e quindi stabilire linee guida condivise, dare una mano alla ricerca e promuovere la nascita di ambulatori specifici per i pazienti ancora senza diagnosi.
Infine si punta al coinvolgimento delle istituzioni, perché le persone con sindrome senza nome non possono non essere riconosciute in alcun modo dalle istituzioni di riferimento: non possono, insomma, continuare a vivere nell’oblio e nell’indifferenza!