Incontinenza urinaria: problemi e criticità nel sistema

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Il Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale (CERGAS) ha condotto uno studio con la collaborazione della Federazione delle associazioni della terza età, SENIOR Italia, in merito alla situazione dell’assistenza sanitaria alle persone che soffrono di incontinenza urinaria. Lo studio è stato effettuato anche alla luce del fatto che sono sempre più le persone che soffrono di questo problema, a partire dagli anziani, che come sappiamo rappresentano una parte maggioritaria della popolazione italiana.

L’incontinenza è l’incapacità di trattenere i propri bisogni fisiologici, e riguarda prevalentemente i bisogni urinari. Questa condizione colpisce solo in Italia 5 milioni di persone, di cui il 60% sono donne. E per quanto sia vero che questa condizione riguarda per lo più gli anziani, è anche vero che l’incontinenza può comunque coinvolgere chiunque, indipendentemente dall’età.

Al di là di chi colpisce, siano essi uomini o donne, anziani o giovani, l’incontinenza rappresenta in ogni caso un disturbo invalidante, soprattutto da un punto di vista psicologico e sociale, perché la persona che ne è affetta sente di dover dipendere dall’assistenza di qualcuno e non si sente più libera di svolgere la sua quotidianità con serenità. Non è un caso infatti se il 70% delle persone incontinenti sia allettato o abbia ridotte capacità di deambulazione. Inoltre questo disturbo provoca ansia e stress sia per il soggetto che ne è colpito sia per le persone che gli stanno attorno.

Ci sono però diverse vie attraverso le quali si può trattare l’incontinenza urinaria, e quando questa non è trattabile bisogna ricorrere ad appositi ausili come assorbenti e cateteri che permettono di arginare la situazione, limitando gli effetti del problema.

Incontinenza urinaria: le criticità rilevate nel sistema

L’ultima indagine condotta su questo fronte ha rivelato alcune criticità proprio nel sistema di assistenza alle persone affette da incontinenza. Ad esempio, è risultato che l’assistenza sanitaria nazionale fornisce solo il 66% degli ausili necessari, mentre il rimanente 34% se lo devono procurare le famiglie stesse. Inoltre è emerso che i pazienti lamentano quantità insufficienti nel numero di ausili assorbenti riconosciuti loro dalla ASL, così come lamentano di una qualità scadente rispetto agli ausili disponibili nel mercato privato.

C’è poi una eterogeneità nelle modalità di accesso al servizio di assistenza: in pratica alcune prescrizioni degli ausili sono affidate al medico di medicina generale, altre volte invece è lo Specialista a doversene occupare, e i criteri seguiti per la selezione degli ausili cambiano quindi di volta in volta, costringendo il paziente a doversi abituare a strumenti sempre diversi. Infine è emersa la totale assenza di standard nazionali utili per definire la qualità dei prodotti, e l’assenza di un approccio sistemico che possa essere preso in considerazione (finora la logica di intervento è stata molto frammentaria e diversificata).

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