Come interagire con le persone disabili

Se al ristorante un cameriere chiedesse ad un tuo amico cosa ti piacerebbe mangiare anziché a te, cosa penseresti? Probabilmente che ti considera incapace di articolare in modo comprensibile le tue decisioni. Oppure, il cameriere si sente a suo agio a parlare col tuo amico, ma a disagio a farlo con te.

Questa situazione imbarazzante non è così rara per alcune persone che vivono con disabilità. Se qualcuno soffre di paralisi celebrale, per quale motivo non rivolgersi direttamente a lui? Forse perché parla più lentamente ed ha problemi di movimento e coordinamento? Di solito accade quando una persona prova agitazione e spavento, scegliendo di non interagire con le persone disabili. Questo atteggiamento non fa altro che perpetuare gli stereotipi e le paure che gli esseri umani provano.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato che le persone si innervosiscono ad interagire con disabili che presentano sordità, paralisi celebrale o cecità. Il loro impegno nel farlo scema perché temono l’ignoto o forse perché è la prima volta che incontrano una persona che abbia tali disabilità. Dal lato prettamente umano, non è sbagliato ed è la normale risposta. Ma questa interazione non dovrebbe essere snervante.

A questo punto, prova a pensare alla regola d’oro e alle abilità comunicative di base: contatto visivo, rispetto per lo spazio personale e parlare agli adulti da adulti. Magari ripensando anche ai termini del vocabolario, utilizzandone di diversi: persona con autismo invece di persona autistica, persona ipovedente invece di persona cieca o persona audiolesa invece che sorda.

Utilizzare la prima persona non è solo una cosa politicamente corretta da fare, ma rappresenta anche il modo di pensare nei confronti di quella persona. Superare questa tipologia di linguaggio è importante, perché definire ad esempio una persona “idrocefalo” (accumulazione di liquido in eccesso nel cervello), significa trattarlo poi in modo diverso. Nella maggior parte dei casi, le persone che soffrono di questa patologia è piuttosto intelligente; eppure, le persone tendono a parlare lentamente con loro come se fossero bambini piccoli.

Una cosa che accade molto spesso a coloro che hanno la sindrome di Down, nonostante alcuni abbiano dimostrato di avere una capacità comprensiva, un’intelligenza e una sensibilità al di fuori del comune.

In conclusione, l’interazione con una persona disabile deve essere affrontata nel modo più umano possibile, senza imbarazzo o timore, ma con sensibilità maggiore, evitando però di trasmettere al disabile compassione: queste persone hanno bisogno di sentirsi integrate pienamente, senza privilegi particolari ma alla pari con quelli che hanno le persone normali.

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